Appleseed, manga e anime cyberpunk

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Titolo: “Appleseed

Autore (manga): Masamune Shirow

Regista (anime): Shinji Aramaki

Non è facile parlare di Appleseed. Si tratta di un vero e proprio fenomeno di culto tra gli appassionati che ha saputo crearsi uno spazio del tutto peculiare. Un universo a sé, fatto di un manga diviso in più volumi, tre lungometraggi, una serie animata di tredici episodi da cui a sua volta è stato tratto un film, due videogiochi, un nutrito merchandise e contributi di moltissimi fan.

Che si considerino i film, il manga o altre espressioni collocabili nell’universo di Appleseed, il quadro di riferimento è condiviso: le vicende si svolgono nel XXII secolo, pochi anni dopo la conclusione della terza guerra mondiale. Una guerra che ha decimato la popolazione umana della Terra, per quanto condotta con armi convenzionali. La geografia economica e politica è del tutto mutata, così come l’aspetto stesso del pianeta. Nuove terre sorgono dove prima c’era l’oceano, vasti territori sono invece stati coperti dalle acque.

In questo scenario, il potere è stato preso da organizzazioni internazionali come la Poseidon, la Sacra Repubblica di Mumma e Olympus. E’ su quest’ultima città-continente che si snodano per lo più le vicende di Knute Deunan e Briareos Ecatonchiri, recuperati da una squadra di Olympus dalle rovine di Los Angeles, dove combattevano ancora ignari che la guerra fosse finita. I due entrano a far parte della squadra speciale ESWAT, creata per proteggere Olympus, vivendo esperienze che spesso li portano a mettersi in discussione.

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Olympus è una città utopica, popolata da umani, cyborg e biodroidi, esseri artificiali dedicati a compiti amministrativi. Il progetto era stato varato pensando che, grazie a queste tre tipologie di individui, la pace avrebbe regnato su Olympus. Ma la natura distruttiva degli esseri umani aveva portato a una serie di attentati terrostici a cui si è risposto formando proprio la ESWAT (Extra Special Weapons And Tactics).

I rapporti tra umani, cyborg e biodroidi sono sempre sullo sfondo delle vicende che si susseguono. Un delicato equilibrio che rischia ogni volta di essere incrinato da eventi o persone. In particolare, i biodroidi sono esseri complessi, creati per essere diplomatici e intelligenti ma di psicologia relativamente fragile, e per questo sono spesso visti come una minaccia, anziché come l’ago della bilancia tra le diverse “fazioni” di abitanti, come dovrebbero essere.

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Appleseed è un costante intreccio di contrasti sociologici e filosofici. E ciò non dovrebbe stupire se si pensa che il creatore di questo universo è Masamune Shirow, lo stesso autore di Ghost in the Shell. Ma non si venga tratti in inganno: Ghost in the Shell comparirà qualche anno dopo Appleseed, che è maggiormente votato all’azione, più che alle riflessioni sul rapporto uomo-macchina.

E’ lo stesso Shirow, in un’edizione tardiva del manga originariamente pubblicato tra 1985 e 1989 in quattro volumi, a indicare nelle note quali personaggi gli abbiano in seguito ispirato Motoko Kusanagi e Batou. In effetti, è giustificabile pensare ad Appleseed come il precursore di Ghost in the Shell, sia nei personaggi che nelle tematiche.

La storia, alla prima pubblicazione, ebbe così successo da vincere, nel 1986, il Premio Seiun per il miglior manga. Era il preludio di un’ammirazione che dura ancora oggi, tanto da divenire fenomeno di culto a livello planetario. Si pensi ad esempio al fatto che il seguito del lungometraggio Appleseed (2004), cioè Appleseed Ex Machina (2007), è stato prodotto da John Woo. E, per il film, Miuccia Prada ha disegnato espressamente un paio di abiti indossati da Deunan, dichiarando di essere sempre stata fan della prima pellicola.

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Per inciso, i film non sono un vero e proprio adattamento del manga. Anzi, in realtà se ne discostano in più punti, fermo restando l’ambientazione e il continuum delle vicende narrate. Neanche il primo lungometraggio del 1988 rispetta totalmente il manga, tanto che si dovrebbe parlare più di reinterpretazione, più che di adattamento.

Dal punto di vista tecnico, il film del 1988 risente della bidimensionalità tipica degli anni ’80. Diverso il discorso per i film successivi. Il lungometraggio del 2004 è girato in cel-shading e si concentra maggiormente sugli aspetti sociologici della vita a Olympus. Il film del 2007 è più votato all’azione, ma decisamente più maturo nella realizzazione, combinando sia cel-shading, sia motion capture. Per confronto, ilVexille di Fumihiko Sori, di cui abbiamo già parlato, è meno curato per quanto comunque suggestivo.

Del resto, è anche vero che i lungometraggi sono stati diretti da Shinji Aramaki, un autore conosciuto soprattutto per il mecha design di diverse produzioni, da M.A.S.K. ad Astro Boy a Fullmetal Alchemist. Senza dubbio una garanzia di risultati visivi spettacolari, peccato che l’ironia tipica dei disegni di Shirow sia rimasta confinata al manga, dove le pagine sono “marcate” dal suo autore attraverso buffi atteggiamenti dei personaggi e dialoghi a volte surreali.

Si è detto, a tal proposito, che il manga era un prodotto grezzo e poco curato. In realtà è vero il contrario, se consideriamo che Shirow lo ha disegnato interamente a mano. Si tratta di un manga costituito da più trame e sottotrame, che andrebbe riletto più di una volta per essere compreso. Un particolare che è tipico delle opere di Masamune Shirow, tanto che anche lo stesso Ghost in the Shell non ne è immune.

[recensione scritta da: Moreno Tiziani]

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